mercoledì 7 dicembre 2016

Dott. Hamer: il medico perseguitato ed imprigionato per aver scoperto l’origine del cancro

Il dott. med. Ryke Geer Hamer è nato in Germania nel 1935.
A 18 anni ha conseguito la maturità ed iniziò gli studi di medicina e teologia all’università di Tubinger. Dopo diversi anni d’intensa attività nelle cliniche universitarie di Tubinger e Heidelberg, nel ’72 conseguì la specializzazione in medicina interna e iniziò ad occuparsi quale primario in ginecologia di molti malati di cancro.
Nel 1976 il dott. Hamer, con la moglie ed i suoi quattro figli, volle ritirarsi in Italia, per curare gratuitamente i malati nei quartieri più poveri, dal momento che i brevetti depositati delle sue invenzioni gli permettevano un reddito sufficiente.
Il 18 agosto 1978, alle tre del mattino il principe Vittorio Emanuele di Savoia, improvvisamente impazzito, sparò nel pressi dell’isola Cavallo al figlio del dott. Hamer, Dirk, che stava dormendo in barca.

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Per più di tre mesi Dirk lottò tra la vdirk-hamer-744217ita e la morte e alla fine il 7 dicembre morì.Questa perdita inaspettata cambiò la vita del dott. Hamer della sua famiglia. Poco dopo la morte di suo figlio infatti si ammalò di cancro ai testicoli. Lavorando come primario in ginecologia nella clinica oncologica universitaria di Monaco, gli venne il dubbio che la sua malattia potesse essere in rapporto allo choc della morte di suo figlio e quindi che il suo tumore al testicolo non fosse scaturito da una “cellula impazzita”, ma dovesse essere in relazione al cervello.
Chiese ai suoi pazienti se anch’essi avessero vissuto un avvenimento terribile e scoprì che tutti, in effetti, avevano subito un evento traumatico prima di ammalarsi…
Nell’ottobre 1981, quando volle portare la sua scoperta ad una conferenza medica, il dott. Hamer fu richiamato dal direttore della clinica e posto davanti alla scelta di negare le sue scoperte o di lasciare la clinica.
Non potendo certo rinnegare i dati da lui raccolti e verificati, conscio dell’immenso potenziale di beneficio per tutti i pazienti contenuto nelle sue scoperte, decide, suo malgrado di lasciare la clinica. Prima di partire riuscì a raccogliere i dati di tutti i suoi pazienti affetti da cancro ed i relativi risultati. Egli presentò quindi la sua ricerca all’università di Tubingen e Heidelberg, dove insegnava da diversi anni, allo scopo di verificare la fondatezza delle sue scoperte a livello universitario.
Pochi mesi dopo i decani dell’università respinsero in circostanze misteriose le sue teorie sulla correlazione tra cancro e psiche,
senza nemmeno verificarne l’esattezza.
Incurante delle opposizioni nazionale ed internazionali, degli attentati alla sua vita, dei 67 tentativi d’internamento psichiatrico forzato e alle campagne mediatiche calunniatrici, il dott. Hamer, dal canto suo, ha continuato l’assidua ricerca e verifica delle leggi biologiche da lui scoperte, indagato su più di 30mila pazienti e verificato in ogni caso l’esatta corrispondenza e fondatezza delle sue scoperte.
Infine, il 11 settembre 1998, presso l’istituto oncologico S. Elisabetta a Bratislava e il dipartimento oncologico di Trnava si è proceduto alla verifica delle cinque leggi biologiche della Nuova Medicina a livello universitario, trovandole perfettamente confermate (vedi allegato).
11 settembre 1998:
Attestato ufficiale da parte dell’istituto oncologico S. Elisabetta a Bratislava e del dipartimento oncologico di Trnava dell’avvenuta verifica a livello universitario delle cinque leggi della Nuova Medicina del dottor Hamer.
tratto da “Il Capovolgimento diagnostico – libro.
la genesi delle malattie e in particolare del cancro”. Edizioni “Amici di Dirk” Fuengirola, Spagna:
Prima legge:
Il trauma è il detonatore
Ogni malattia è causata da un trauma emotivo che ci coglie impreparati, ci prende in contropiede, un trauma che viviamo in solitudine e che non sappiamo come risolvere.
Allo scopo di continuare la specie, l’uomo ha sviluppato col passare del tempo dei programmi biologici di sopravvivenza che sono diventati automatici e si sono inscritti nel suo cervello, nelle sue cellule.
Esiste una triade indissociabile: mente-cervello-corpo, tre unità che funzionano sempre insieme.
a) Il cervello non è in grado di distinguere tra reale e simbolico, tra realtà e immaginazione.
b) Siamo programmati per sopravvivere, quindi la malattia è la soluzione perfetta del cervello in termini biologici di sopravvivenza.
c) Tutte le volte che un individuo viene colpito da un trauma emotivo che abbia le seguenti caratteristiche:
– vissuto in maniera drammatica
– ci colga impreparati
– l’emoziona abbia il sopravvento sulla ragione
– sia vissuto in solitudine, rimuginando continuamente il problema
– non si trovi una soluzione soddisfacente
Allora e solo allora il cervello entra in azione
mettendo in moto uno speciale programma biologico
per la sopravvivenza dell’individuo.
L’intensità del trauma emotivo determinerà la gravità della malattia, mentre il tipo di emozione determinerà la localizzazione nel corpo.
Quindi la malattia è un simultaneo squilibrio a livello psichico, cerebrale e fisico dovuto ad un trauma emotivo. Senza conflitto non vi è malattia, rendersene conto è il primo passo verso la guarigione!
Seconda legge:
niente esiste senza il suo contrario

Viviamo in un mondo polare, non esiste il giorno se non c’è la notte, la salute non ha senso senza la malattia, ecc. La medicina ufficiale ha individuato circa un migliaio di malattie, suddividendole in malattie “fredde” e malattie “calde”.
Quelle “fredde” sono: stato continuo di stress, insonnia, cancro, angina pectoris, neurodermatiti, psicopatologie, ecc. quelle “calde” sono: infezioni, reumatismi, allergie, esantemi, ecc. In verità non esiste una malattia “fredda” o una malattia “calda”, ma piuttosto esistono fasi alterne “fredde” e “calde”.
Tutte le malattie presentano appunto due fasi: fase “fredda” detta simpaticotonia, e fase “calda” detta vagotonia. E’ sempre la fase “fredda” che arriva per prima, seguita dalla fase “calda” di riparazione una volta superato il trauma. Il superamento del trauma è la chiave di volta per passare in fase di riparazione.
FASE FREDDA:
Al verificarsi di un trauma emotivo che ci coglie impreparati, ci prende in contropiede, che viviamo in solitudine e che non sappiamo come risolvere, i tre livelli dell’essere (mente-cervello-corpo) entrano in una fase di reazione per poter sopravvivere:
– a livello psichico: il paziente continua a rimuginare il suo problema, è stressato, non ha più fame, dimagrisce, fa fatica ad addormentarsi. In questo continuo stato di allarme tutte le energie sono mobilitate al solo fine di superare il trauma.
– a livello cerebrale: si producono dei cerchi concentrici (focolai) in una certa area del cervello che presiede al funzionamento di un organo ben preciso. Alla TAC cerebrale senza liquido di contrasto i focolai di Hamer sono chiaramente visibili.
– a livello fisico: il cervello può dare solo quattro ordini: creare una massa (tumore, ciste, ecc) scavare un buco (lisi), bloccare, sbloccare un organo.
FASE CALDA:
Questa fase ha inizio solamente al momento della soluzione del conflitto.
– a livello psichico: iniziamo a tirare il fiato. Lo stress si dilegua, il conflitto è stato risolto. Torna l’appetito, le estremità del corpo riprendono ad essere calde.
– a livello cerebrale: nell’area del cervello dove si è verificato il “cortocircuito” comincia a formarsi l’edema di riparazione. Una volta terminata la riparazione una crisi epilettoide (tremori, sudori freddi, stress, evacuazioni urinarie) verificherà se l’evento conflittuale è stato completamente superato; in caso affermativo l’edema sarà evacuato tramite la diuresi, in caso negativo si manifesterà con fasi alterne di ricadute e risoluzioni che avranno come conseguenza il formarsi di una cisti cerebrale al posto dell’edema.
– livello fisico: già prima della crisi epilettoide la malattia smette di progredire ed il cervello si ripara. Nella fase di vagotonia (fase calda) il paziente entra in uno stato di infiammazione; tutte le energie sono ora tese alla risoluzione cerebrale e fisica: può avere stati febbrili, dolori diffusi o localizzati e molta stanchezza. Tutti gli stati infiammatori sono delle riparazioni, ivi comprese le malattie infettive. E’ da tener presente che la fase di riparazione può essere anche più pericolosa della fase di malattia.
Terza legge:
Il sistema ontogenetico dei tumori
e delle malattie equivalenti

Il termine ontogenetico si riferisce alla vita embrionale dell’individuo e si parla di “malattie equivalenti” perché non solo i tumori, ma tutte la malattie, si comportano secondo l’enunciato delle cinque leggi.
La ragione di tutti i comportamenti biologici risale alla notte dei tempi e comincia con l’apparizione della prima cellula sul nostro pianeta.
Abbiamo già detto che l’uomo non sarebbe potuto sopravvivere fino ad oggi se non avesse integrato nel suo cervello programmi biologici di sopravvivenza volti al superamento di ogni genere di ostacoli che nel corso dei millenni si sono presentati sul cammino della sua evoluzione.
Una volta superato l’ostacolo, la soluzione viene trasmessa alle generazioni future: nei primi due mesi di vita intrauterina il feto incarna tutta questa memoria dall’inizio della vita ad oggi.
– prima tappa dell’ evoluzione:
La cellula per continuare deve respirare, mangiare, eliminare e riprodursi. Col passare dei secoli la nostra cellula si associa ad altre cellule e diventa un organismo pluricellulare adattandosi così alle situazioni contingenti.
Se, per esempio, esso vive in un luogo dove l’ossigeno scarseggia, entra in una fase di stress e trova la soluzione al problema moltiplicando le cellule specializzate nella respirazione. Creerà una specie di tumore, una proliferazione cellulare.
Dunque a questo stadio della vita, la sopravvivenza è assicurata da un aumento delle cellule là dove è necessario e l’ordine di proliferazione viene impartito da una struttura cerebrale arcaica che diverrà il tronco cerebrale.
Ciò che avviene nel ventre materno in qualche modo ripercorre tutti gli stadi dell’evoluzione, tant’è vero che, nel corso del suo sviluppo, l’embrione sembrerà di volta in volta un’ameba, un girino, ecc.
Cos’à ereditato l’uomo moderno dalla prima tappa dell’evoluzione della vita sulla Terra? Quali sono gli eventi conflittuali? Sono conflitti che riguardano il…boccone! Un boccone di cibo, d’aria, un boccone da espellere, un boccone in senso figurato (nutrirsi, respirare, eliminare). L’uomo quando si sente crollare tutto addosso, il cervello trattiene i liquidi. Per quanto riguarda la funzione riproduttiva, i conflitti interesseranno l’endometrio e parte della prostata.
– seconda tappa dell’evoluzione:
Qui assistiamo al passaggio degli organismi viventi dall’ambiente acquatico a quello terrestre. Ora deve proteggersi dal nuovo mondo che lo circonda: là dove sarà aggredito dai raggi solari, il cervello produrrà un ispessimento delle membrane per evitare di morire bruciato. Nel ventre materno, l’embrione continua a perfezionarsi irrubostendo tutte le membrane: derma, pleura, peritoneo, pericardio.
Quali tracce psichiche rimarranno registrate nella memoria dell’uomo moderno?
In generale tutti i conflitti relativi alla paura di venire aggrediti, di subire un’aggressione contro l’integrità fisica all’altezza del torace (mesotelioma pleurico), della cavità addominale (mesotelioma peritoneale), del cuore (mesotelioma del pericardio). Fanno ancora parte tutti i conflitti relativi al sentirsi in qualche modo colpiti nella propria integrità morale, insozzati: attacchi vissuti sulla pelle che daranno luogo a melanomi. La pelle è la parte del nostro corpo che per prima entra in contatto con gli altri individui
– terza tappa dell’evoluzione:
Per il nostro piccolo organismo è ora di muoversi, esplorare l’ambiente circostante. Dovrà quindi sviluppare uno scheletro, dei muscoli e dei tendini. Ma se il mondo verso il quale tende (la terra) non è migliore di quello dal quale proviene (l’acqua), deciderà di tornare indietro e dovrà quindi perdere gli organi che aveva espressamente sviluppato: dovrà fare una lisi (riduzione cellulare, necrosi), perdere sostanza.
Nel ventre materno comincia è il momento in cui compare il sistema osseo e muscolare. Questa fase corrisponde allo sviluppo del proprio valore. Qui i conflitti sono di svalutazione di sé(osteoporosi).
-quarta tappa dell’evoluzione:
E’ un ulteriore precisarsi di tutte le tappe precedenti, il passaggio da: “mi sposto sulla superficie e mi misuro con il nuovo ambiente” a “entro in comunicazione con altri individui”. Si affinano gli organi sensoriali:
Sul piano psichico assistiamo ad una proiezione di sé in un contesto sempre più vasto e complesso. Se ho paura di morire la soluzione biologica del cervello sarà quella di aumentare gli alveoli polmonari per prendere più aria e sopravvivere, insomma una proliferazione cellulare, un cancro ai polmoni.
Se invece mi “tolgono il fiato”, mi “manca il respiro”, ossia un conflitto dipendente dal mio rapporto con gli altri, la soluzione sarà quella di ulcerare i bronchi affinché passi più aria. Mentre se il conflitto è legato a dover andare allo stesso tempo in due direzioni diverse e non sappiamo cosa decidere, la soluzione biologica è la paralisi delle gambe (blocco funzionale).
In sintesi:
Al verificarsi di un conflitto inatteso, senza soluzione apparente, vissuto in solitudine, la patologia si esprime contemporaneamente a livello mentale, cerebrale e organico.
– a livello mentale c’è uno stato di stress permanente
– a livello cerebrale si verifica un corto circuito in una specifica area del cervello
– a livello organico avviene la proliferazione cellulare (tumore) oppure la lisi (perdita di sostanza) o ancora un blocco funzionale (paralisi).
L’eliminazione del conflitto è la chiave di svolta che permette di passare alla fase di riparazione.
Quarta legge:
I microbi sono al servizio del cervello:

I microbi sono nostri alleati, sono loro che si occupano di riparare i danni durante la seconda fase. E’ il cervello che invia l’ordine ai nostri amici virus, funghi o batteri.
Tutti i microbi arrivano, proliferano e scompaiono per favorire la riparazione secondo una logica ben precisa in sincronia con il nostro cervello e il nostro corpo. Essi fanno parte del programma biologico della Natura.
l’uomo convive con i microbi: il nostro corpo contiene dieci volte più batteri che cellule umane: centomila miliardi
Quinta legge:
della quintessenza:

Tutti i comportamenti dell’uomo (e malattie) sono determinati da programmi speciali di sopravvivenza inscritti nel cervello fin dalla notte dei tempi. La malattia è una soluzione biologica del cervello, l’ultima possibilità di sopravvivenza.
Ogni organismo vivente possiede un cervello più o meno sviluppato, in grado di captare inconsciamente le informazioni provenienti dal mondo che lo circonda. Le cellule i batteri che abitano in noi, i vari organi, tutto funziona all’unisono, con lo steso ritmo del cervello principale.
La malattia ha sempre un senso. Essa è utile, necessaria, vitale per l’individuo e per l’evoluzione della specie.
Tratto da La medicina sottosopra. E se Hamer avesse ragione? di Giorgio Mambretti e Jean Séraphin ed. Amrita
 

giovedì 23 giugno 2016

ESAMI DEL SANGUE:RICHIEDERE OMOCISTEINA, COSA NON VI DICONO, LA VERA PREVENZIONE

COSA È L’OMOCISTEINA
L’omocisteina è un aminoacido non proteico prodotto dal metabolismo della metionina un aminoacido solforato essenziale che viene introdotto nel nostro organismo con la dieta, più dannosA dello stesso colesterolo ed è dal 1995 che lo sanno tutti gli scienziati.
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Per la sua trasformazione entrano in gioco tantissimi componenti,risultando sostanze essenziali per la riduzione dei livelli plasmatici di questo amminoacido:
Diverse vitamine del gruppo B, quali l’acido folico (vitamina B9), la cianocobalamina (vitamina B12), la piridossina (vitamina B6), la riboflavina (Vitamina B2), la betaina e lo zinco.
L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) considera fino a 13 micromoli per litro (μmol/L) un valore ematico normale, pertanto si parla di omocisteina alta quando si misurano nel sangue concentrazioni superiori a 13 μmol/L negli uomini adulti, superiori a 10,1 μmol/L per le donne e superiori a 11,3 μmol/L nei ragazzi di età inferiore ai 14 anni
Tutti conoscono il colesterolo ma quanti di voi hanno mai fatto negli esami di routine il conteggio dell’omocisteina? Esame raccomandato solo in stato di gravidanza, per chi soffre già di problemi vascolari e cardiaci..,osteoporosi e sindrome metabolica.?!!
Farlo prima come segnale d’allarme costerebbe troppo??Forse preverrebbe troppe patologie?
Come mai non dobbiamo sapere nei comuni check up il valore di omocisteina? Cosa c’è sotto? Semplice “dimenticanza” o forse si coprono alcuni sporchi  interessi di parte?.. un esame che costa solo circa 12 euro??
E allora come mai non devi saperlo?
Impariamo a conoscere questo esame , e capire che è un vero SALVA VITA e parametro importanteL’omocisteina non fa solo male al cuore, e se leggiamo gli ultimissimi articoli di PubMed, la enciclopedia scientifica più aggiornata, rimarremo a bocca aperta, perplessi perchè un semplice esame non venga prescritto….
Una delle cause maggiori di invalidità e di morte in Italia è dovuto a TROMBOSI ARTERIOSA E VENOSA PIÙ DI 400.000 CASI... diagnosticabili per tempo con L’OMOCISTEINA….


Il valore dell’omocisteina è un vero campanello d’allarme… che potrebbe metterci in guardia per tantissime patologie..e tanti sono inoltre i fattori che concorrono ad aumentarla.
Alcuni danni causati da un aumento di omocisteina, iperomocisteinemia

(ndr. dove il MA GUARDA TE.. VI VERRÀ SPONTANEO)
  1. fertilità (ma guarda te..)
  2. cancro (ma guarda te..)
  3. alzheimer (ma guarda te..) / neurovegetative  
  4. spina bifida
  5. ictus / trombosi
  6. malattie vascolari
  7. malattie cardiache
  8. depressione / 
Alcune cause che concorrono all’aumento di omocisteina
(ndr. dove il MA GUARDA TE.. VI VERRÀ SPONTANEO)
  1. sedentarietà e lo stile di vita
  2. caffeina 
  3. polveri sottili e l’inquinamento  (MA GUARDA TE…)  
  4. farmaci  (ma guarda te…)  
  5. carenza vitamine B2,B6,B12, ed acido folico  (ma guarda te…)
  6. vitamina D  (ma guarda te…) 
  7. difetto genetico
  8. Ipotiroidismo
  9. psoriasi,
  10. lupus eritematoso sistemico,
  11. artrite reumatoide,
  12. sindrome metabolica
  13. sclerosi multipla
  14. SLA (ma guarda te…)
  15. alcolismo
  16. tabagismo

IPEROMOCISTEINEMIA: 
FATTORE DI RISCHIO E PATOLOGIE CORRELATE

L’omocisteina in eccesso provoca un danno vascolare coinvolgendo sia la struttura della parte vascolare che il sistema di coagulazione del sangue.
Danno alla parete vascolare
Il deposito di omocisteina sulla parete vasale è istolesivo attraverso diverse modalità.
I vasi arteriosi sono fondamentalmente costituiti da due parti funzionali: le cellule muscolari lisce e l’endotelio. Le cellule muscolari lisce possono contrarsi a seguito di un impulso nervoso, o tramite influenze dirette di varie sostanze o indirettamente attraverso un meccanismo di reattività vasale endotelio-dipendente. In quest’ultimo caso l’endotelio rilascia alcune sostanze vasoattive. Tra i vasodilatatori, l’ossido nitrico (NO) è il più importante e viene prodotto dall’endotelio attraverso il metabolismo dell’arginina grazie ad una NO-sintetasi (NOS). Nonostante i dati siano ancora limitati, è stato dimostrato che l’omocisteina influenza la funzione vascolare mediante un’azione indiretta sul tono vascolare, che induce una maggiore costrizione mediata dal legame dell’omocisteina ridotta con l’ossido nitrico e relativa formazione di ossido nitroso. Livelli di omocisteina cronicamente elevati provocano una deplezione dell’ossido nitrico e una produzione di ossido nitroso che resta in circolo solo per 14 minuti. La conseguenza è che il soggetto è in continuo vasospasmo.
Mediante un’influenza diretta si ha invece la formazione della placca aterosclerotica e la proliferazione delle cellule muscolari lisce con conseguente danno endoteliale e ridotta elasticità del vaso. Questo perché l’omocisteina in eccesso forma il complesso omocisteina-tiolattone che reagendo con le LDL (lipoproteine a bassa densità) forma un complesso insolubile LDL-Tiolattone che viene fagocitato dai macrofagi che, incapaci di scinderlo, si trasformano in cellule schiumose costituendo il “core” dell’ateroma. L’omocisteina in eccesso può anche comportarsi da radicale libero dell’ossigeno provocando: disfunzione endoteliale e poi necrosi delle cellule endoteliali con loro distacco dalla parete vasale; proliferazione delle cellule muscolari lisce con successiva fibrosi e fibrocalcificazione della parte vasale, ossidazione dei lipidi di membrana con perdita della funzionalità di queste strutture; ossidazione delle LDL che diventano fortemente aterogene.
Azione sulle piastrine: l’omocisteina in eccesso aumenta l’adesività e l’aggregazione piastrinica.
Azione sui fattori della coagulazione: l’omocisteina in eccesso influenza i fattori che regolano la coagulazione del sangue.
È per questi motivi che da alcuni anni l’iperomocisteinemia, è considerata un importante fattore di rischio per lo sviluppo di alcune patologie molto gravi.
OMOCISTEINA E MALATTIE VASCOLARI
Studi clinici ed epidemiologici hanno dimostrato una relazione tra elevati livelli plasmatici di omocisteina e malattie vascolari.
Patologie cardiovascolari: l’iperomocisteinemia è da molti ritenuta un fattore di rischio per l’aterosclerosi coronarica e l’infarto miocardico (Wald, 2006). Una popolazione di pazienti in cui il rischio cardiovascolare è elevato, e ulteriormente aggravato da elevati valori di Omocisteina è quella dei soggetti che sono stati sottoposti a trapianto cardiaco; sembra infatti che l’iperomocisteinemia che si sviluppa in seguito al trapianto possa favorire l’aterosclerosi del graft, una tra le principali limitazioni della sopravvivenza a lungo termine di questi pazienti (Ambrosi, 1994).
Patologie cerebrovascolari: l’iperomocisteinemia è responsabile di un danno a carico delle piccole arterie cerebrali. Uno studio recente (Martilelli, 2003) ha evidenziato che i pazienti con iperomocisteinemia presentano un rischio 4 volte superiore alla norma di andare incontro a episodi di trombosi dei seni venosi cerebrali.
Ictus cerebrale: numerosi studi hanno dimostrato una relazione significativa tra la concentrazione nel sangue di questo aminoacido ed eventi ischemici cerebrali (Wald, 2006).  L’omocisteina, infatti, provoca l’ateromatosi cerebrale, responsabile poi degli eventi ischemici con meccanismi che non sono ben noti, sicuramente incrementando la produzione di radicali liberi, le lesioni della parete interna dei vasi e l’ispessimento della parete muscolare.In uno studio più recente (Lu Hao, 2013) un gruppo di ricercatori ha voluto indagare se elevati livelli di omocisteina e iperlipidemia nel sangue, in associazione, potessero avere un effetto sinergico e aumentare il rischio di ictus. Il risultato delle loro analisi retrospettive durate 5 anni (2007-2012), hanno confermato l’ipotesi: chi aveva elevati livelli di omocisteina e di lipidi (colesterolo e trigliceridi) nel sangue, a parità di altri fattori di rischio, aveva un quaranta per cento in più di probabilità di andare incontro a ictus rispetto al gruppo di controllo con valori normali. La compresenza di iperomocisteinemia e iperlipidemia ha dunque un effetto sinergico negativo.
Patologie vascolari periferiche quali le trombosi arteriose e venose in particolare la trombosi venosa profonda, una malattia che colpisce generalmente gli arti inferiori con il conseguente rischio che il coagulo migri fino ai polmoni causando l’embolia polmonare (Den Heijer, 1996).
Malattia cerebrale dei piccoli vasi (CSVD): in uno studio recente (Kloppenborg, 2014) è stato dimostrato che l’omocisteina (che promuove la disfunzione endoteliale attraverso vari processi) svolge un ruolo nello sviluppo della malattia generalizzata dei piccoli vasi, coinvolgendo sia il cervello sia il rene. Gli stessi autori commentano che la funzione della molecola potrebbe essere regolata con un trattamento vitaminico e potrebbe pertanto costituire un potenziale target per la terapia. Inoltre La significativa associazione di un elevato livello di tHcy (omocisteina totale) con la progressione di CSVD sembra essere più forte in pazienti con una storia di malattia cerebrovascolare, indicando che questi pazienti sono più vulnerabili agli effetti dell’omocisteina alla progressione della CSVD”. Viene pertanto rinnovato l’interesse verso l’omocisteina come fattore di rischio potenzialmente modificabile.
Aneurisma dell’aorta addominale (AAA): un recente studio (Takagi, 2014) di metanalisi (totale casi studiati: 1643 casi di AAA e 5460 casi senza AAA) ha dimostrato l’associazione tra i livelli di omocisteina e l’aneurisma dell’aorta addominale. Una serie di analisi ha dimostrato un significativo aumento dei livelli di omocisteina totale nel gruppo con AAA rispetto al gruppo di controllo e un altro gruppo di analisi  ha dimostrato un aumento statisticamente significativo dell’incidenza in AAA per i soggetti con iperomocisteinemia.
OMOCISTEINA E IPERTENSIONE
L’omocisteina elevata, fattore di rischio cardiovascolare può agire, come detto sopra, come fattore di rischio sia diretto (favorendo l’arteriosclerosi) che indiretto cioè favorendo le complicanze dell’arteriosclerosi, una delle quali è proprio l’ipertensione arteriosa.
Alcuni studi suggeriscono che i valori dell’ omocisteina possono giocare un ruolo nello sviluppo dell’ipertensione, e come tale può fornire un potenziale meccanismo di collegamento con omocisteina e malattie vascolari. L’evidenza sperimentale ha dimostrato che elevati livelli di omocisteina hanno effetti negativi sul vasodilatatore NO, sulla proliferazione delle cellule muscolari lisce, alterano la funzione endoteliale, l’elasticità della parete vascolare e la funzione renale. Dato che fattori fisiologici quali la resistenza periferica, la rigidità arteriosa e la funzione renale sono fattori determinanti la pressione sanguigna, sarebbe ragionevole prevedere un’associazione tra omocisteina e pressione sanguigna (Wilson, 2010).
OMOCISTEINA E MALATTIE NEURODEGENERATIVE
Demenza e malattia di Alzheimer
Già nel 1998 è stato ipotizzato che ci fosse una relazione tra omocisteina e demenza: in pazienti con diagnosi istologica di morbo di Alzheimer, vennero riscontrati livelli di omocisteina totale effettivamente più alti della norma. Anche le evidenze radiologiche di lesioni della materia bianca, di infarto cerebrale silente e di atrofia della corteccia cerebrale e dell’ippocampo erano positivamente associate a elevate concentrazioni di omocisteina nonché a danni cognitivi. Da uno studio (Seshadri, 2002) è emerso inoltre che l’iperomocisteinemia è un fattore di rischio indiscusso per lo sviluppo della demenza e della malattia di Alzheimer. Riconfermato daletteratura scientifica recente, 28 maggio 2015 che riconferma nuovamente che un aumento di livelli di omocisteina concorronoInoltre è stato riscontrato che l’iperomocisteinemia è particolarmente frequente nei soggetti anziani, spesso sottoposti a terapie in grado di interferire col metabolismo degli aminoacidi solforati, o affetti da condizioni patologiche o in situazioni socio ambientali, responsabili di una cattiva alimentazione, spesso alla base di quei deficit vitaminici che rappresentano una causa molto frequente d’incremento dei livelli plasmatici dell’omocisteina. Dati clinici ed epidemiologici attestano come nel paziente anziano con deficit cognitivo iniziale MCI (Mild Cognitive Impairment) sia frequentemente presente iperomocisteinemia associata a microangiopatia cerebrale. Il paziente anziano cerebropatico con deficit cognitivo (turbe della memoria, della vigilanza, dislessia) può presentare stati carenziali delle vitamine del gruppo B responsabili della degenerazione delle cellule nervose. Gli studi dimostrano, infatti, che lasupplementazione di vitamine del gruppo B (soprattutto B6, B12 e B9) riduce la neurodegenerazione.
Morbo di Parkinson
Livelli plasmatici di omocisteina moderati (due volte superiori alla norma) sono stati riscontrati in pazienti affetti da morbo di Parkinson in trattamento con levodopa. L’iperomocisteinemia è dovuta probabilmente a una maggiore produzione di S adenosilomocisteina durante il metabolismo della levodopa. Quanto essa rappresenti in questi pazienti un fattore di rischio vascolare o determini un declino cognitivo non è del tutto chiaro, anche se in uno studio clinico (Rogers, 2003) è stata riscontrata una significativa relazione tra iperomocisteinemia e malattie vascolari in pazienti in trattamento con levodopa.
OMOCISTEINA E EPILESSIA
In pazienti epilettici in trattamento farmacologico con farmaci anticonvulsivanti, sono stati dimostrati bassi livelli plasmatici di acido folico ed elevati livelli di omocisteina. Non è ancora del tutto chiaro, però, quanto l’iperomocisteinemia in questi pazienti rappresenti un fattore di rischio per patologie vascolari oppure determini un abbassamento della soglia della scarica convulsiva (Paknahad, 2012).
In un’altra recente review (Belcastro, 2012) si conclude che, per i pazienti che assumono farmaci antiepilettici, la supplementazione di 400 mcg di acido folico, vitamine B2, B6 e B12 a bassi dosaggi per il trattamento della deficienza di folati e per la riduzione dei livelli sierici di omocisteina è assolutamente consigliata.
OMOCISTEINA E GRAVIDANZA
L’omocisteina sembrerebbe giocare un ruolo molto importante anche in alcune patologie della gravidanza; elevati livelli di questo aminoacido sono stati osservati infatti nelle donne affette da preeclampsia, distacco prematuro di placenta e aborti spontanei; inoltre, nelle madri dei nati in sottopeso e nel 20% di quelle dei nati con difetti del tubo neurale, tra cui la più comune anomalia è la spina bifida, si è osservato un elevato livello di Omocisteina.
Per questa tematica si consiglia di leggere la pagina patologie della gravidanza
OMOCISTEINA E MENOPAUSA
Gli ormoni sessuali influenzano le concentrazioni di omocisteina. Gli uomini hanno livelli di omocisteina più elevati rispetto alle donne della stessa età. Tali livelli però si alzano nelle donne in menopausa. Ciò sottopone le donne in postmenopausa a un maggior rischio di incorrere in un evento cardiovascolare. La terapia ormonole e l’assunzione di acido folico possono ridurre l’omocisteina plasmatica del 10-15% (De Leo, 2004).
OMOCISTEINA E FRATTURE OSSEE
L’iperomocisteinemia è stata anche chiamata in causa nei casi di fratture ossee da osteoporosi: in uno studio (Van Meurs, 2004) infatti, è stata valutata l’associazione fra i livelli plasmatici di omocisteina e il rischio di frattura osteoporotica. Lo studio ha concluso che: 1) elevati livelli di omocisteina plasmatica costituiscono un forte e indipendente fattore di rischio per fratture osteoporotiche sia negli uomini sia nelle donne di età avanzata e che 2) l’associazione fra l’iperomocisteinemia e il rischio di frattura è apparsa essere indipendente dalla densità minerale ossea e da altri potenziali fattori di rischio di frattura.
OMOCISTEINA E DIABETE
I dati epidemiologici sino a oggi disponibili sembrano indicare che la malattia diabetica, sia di tipo 1 sia di tipo 2, di per se, non influenza i livelli plasmatici di omocisteina. La presenza dinefropatiainvece, a causa della ridotta escrezione dell’aminoacido e/o del suo catabolismo, si accompagna quasi sempre a iperomocisteinemia e questo potrebbe spiegare, almeno in parte, l’elevato rischio cardiovascolare dei diabetici nefropatici. Non chiari sono ancora i rapporti tra retinopatia e neuropatia diabetica e omocisteina, mentre sembra che la macroangiopatia sia associata ad aumentati livelli di omocisteina totale e che l’iperomocisteinemia possa conferire un rischio di malattia trombotica vascolare e di mortalità maggiore nella popolazione diabetica rispetto a quella non diabetica. (Russo, 2003) In uno studio recente (Sudchada, 2012) è stato dimostrato che la suppementazione di acido folico nei pazienti con diabete mellito di tipo 2, rispetto al placebo, può ridurre i livelli totali di omocisteinemia e si associa a un trend che depone per un miglioramento del controllo glicemico.
OMOCISTEINA E INSUFFICIENZA RENALE
L’insufficienza renale cronica (IRC) si associa molto frequentemente a un aumento dei livelli plasmatici di omocisteina (Hcy), che può essere considerata una nuova tossina uremica. I pazienti uremici hanno un tasso di mortalità per malattie cardiovascolari che è di circa 30 volte più elevato rispetto alla popolazione generale (il rischio varia secondo la fascia di età considerata). Questa condizione non può essere interamente spiegata dai comuni fattori di rischio tradizionali (ipercolesterolemia, ipertensione, fumo, diabete, etc.) o da quelli tipici dell’uremia (iperparatiroidismo, anemia, ipoalbuminemia etc.). Da qui l’interesse della comunità scientifica per altri fattori di rischio, come l’iperomocisteinemia. L’iperomocisteinemia è anche il fattore di rischio cardiovascolare a più elevata prevalenza: si riscontra nel 90-95% dei casi di IRC. I valori di Hcy aumentano quando la funzione renale declina e progredisce verso l’uremia. Nell’IRC l’iperomocisteinemia comincia ad apparire quando il filtrato glomerulare scende sotto i 70 mL/min.
Ma quali sono le cause di iperomocisteinemia nell’insufficienza renale? Teoricamente, le cause di un aumento di omocisteina potrebbero essere ricondotte a: 1) aumentata produzione; 2) ridotto metabolismo; 3) ridotta escrezione. L’ipotesi più plausibile, a questo punto degli studi, è una riduzione della rimozione di omocisteina da parte del rene o di altri organi. (Satta, 2006)
OMOCISTEINA E DISFUNZIONE ERETTILE
Il legame è importante ed evidente poiché l’iperomocisteinemia è correlato a un danno vascolare che a sua volta può essere alla base di un disturbo dell’erezione. Il deficit erettile non deve essere considerata coma una “malattia” a se stante perché può essere la spia di un problema vascolare. Ovvero può essere la prima manifestazione clinica che più tardi si manifesterà con eventi ischemici cardiaci o cerebrovascolari. La disfunzione endoteliale da iperomocisteinemia ha come effetto una ridotta secrezione endoteliale di nitrossido (NO), il principale mediatore della vasodilatazione.L’erezione richiede una vasodilatazione NO-mediata; l’iperomocisteinemia, inibendo la sintesi endoteliale del NO, può essere il fattore causale di una disfunzione erettile da ipoafflusso, la quale potrà regredire a seguito della normalizzazione dell’omocisteina plasmatica. Uno studio suggerisce inoltre che l’iperomocisteinemia potrebbe concorrere alla genesi di eventi trombotici, come il priapismo a basso flusso o la flebo trombosi superficiale del pene. Da alcuni anni e stata sottolineato che l’urologo può essere la prima figura medica a osservare segni e sintomi che portino a sospettare e diagnosticare un’arteriopatia polidistrettuale, la quale, adeguatamente indagata, potrebbe svelare una coronaropatia latente. Similmente, può accadere che l’urologo sia il primo medico a diagnosticare un’iperomocisteinemia, indagando la patogenesi di una disfunzione erettile o di eventi trombotici penieni. (Chierigo, 2011) Fonte
OMOCISTEINA E OCCLUSIONE VENOSA RETINICA
L’occlusione della circolazione venosa della retina (RVO) è un disturbo frequentemente riscontrato dai retinologi e tale patologia è seconda soltanto alla retinopatia diabetica come causa di perdita visiva secondaria a malattie vascolari della retina. L’occlusione delle vene retiniche è un evento relativamente frequente che può produrre danni anatomici e funzionali disparati: si va da forme lievi, che coinvolgono vasi di piccolo calibro, che possono produrre alterazioni funzionali minime, fino alle forme drammatiche di occlusione venosa centrale ischemica, che possono compromettere definitivamente la funzione visiva e dare origine a complicanze devastanti quale il glaucoma neovascolare. I fattori di rischio che predispongono a RVO sono molteplici e in genere sono gli stessi che si riscontrano in alterazioni vascolari che coinvolgono altri distretti corporei come nel caso di ictus o coronaropatie. Tra questi ci sono quelli che riguardano lo stato trombofilico e quindi anche l’iperomocisteinemia. Numerosi studi hanno ormai dimostrato che vi è un’associazione statisticamente significativa tra la presenza di iperomocisteinemia e l’occlusione della vena centrale della retina, l’occlusione dell’arteria centrale della retina e la neuropatia ottica ischemica anteriore non artritica. Non sono state fino a oggi descritte lesioni oculari precoci nei pazienti con iperomocisteinemia. Un’alterazione del microcircolo del nervo ottico si verifica in maniera più evidente nella neuropatia ottica ischemica anteriore non arteritica, patologia nella quale, recentemente, è stato trovato un aumento significativo dei livelli di omocisteina nel plasma. Allo stesso modo le alterazioni del fondo oculare consistenti in variazioni del calibro e del decorso dei vasi sarebbero dovute a un danno parietale dei vasi conseguente all’azione dell’omocisteina. Nel paziente con iperomocisteinemia è indispensabile un attento follow-up oculare non solo allo scopo di individuare tempestivamente occlusioni dei vasi retinici arteriosi e venosi ma anche di diagnosticare e trattare precocemente alterazioni del campo visivo e del fondo oculare al fine di impedire o comunque di ritardare la progressione delle lesioni. Fonte
OMOCISTEINA E EMICRANIA
L’associazione tra emicrania e iperomocisteinemia riguarda, in particolare, l’emicrania con aura;studi su popolazioni caucasiche hanno ipotizzato che la mutazione a carico del gene C677T del MTHFR possa influenzare la suscettibilità di un soggetto all’emicrania con aura. La disfunzione della parete dei vasi (endotelio), correlata a valori elevati di omocisteina, potrebbe essere la base del meccanismo di attivazione e d’insorgenza dell’emicrania per il danno diretto causato dall’omocisteina sull’endotelio e sullo stato ossidativo vascolare. Sembra, infatti, che l’omocisteina aggravi lo stress ossidativo. Fonte
Alcuni dati sperimentali suggeriscono che la disfunzione endoteliale correlata all’iperomocisteina possa essere coinvolta nell’inizio e nel mantenimento del dolore emicranico durante l’attacco. Infatti, è stato osservato che la frazione di neuroni trigeminali che rispondono al dolore aumenta in relazione all’applicazione di acido L-omocisteico, una sostanza che mima l’azione dell’omocisteina. Si sospetta anche una comorbidità emicrania/ischemia cerebrale, poiché si suppone che l’omocisteina possa giocare un ruolo importante nella disfunzione della circolazione cerebrale che, durante la spreading oligoemia corticale, possa essere responsabile dell’infarto cerebrale.
OMOCISTEINA E DISTURBI ALL’APPARATO UDITIVO
L’ipoacusia improvvisa, le vertigini e gli acufeni sono spesso riconducibili a lesioni intervenute in uno dei compartimenti di competenza anatomica del microcircolo cocleo vestibolare, con danno selettivo o totale delle aree recettoriali. La sordità improvvisa può essere causata da disordini vascolari che favoriscono l’alterazione della perfusione cocleare. Numerosi fattori di rischio pro trombotici sono stati considerati nella patogenesi del danno vascolare, ed è stato recentemente suggerito il possibile ruolo delle alterazioni genetiche. Tra questi, i polimorfismi del gene MTHFR che portano a un aumento dell’omocisteina, possono essere coinvolti nella patogenesi della sordità improvvisa. (Capaccio, 2005).
OMOCISTEINA E PSORIASI
È noto che vari farmaci impiegati nel trattamento sistemico della psoriasi possono influenzarne la prognosi a causa di vari effetti collaterali, alcuni dei quali di natura cardiovascolare. Tra questi è dimostrato che l’uso di metotrexate aumenta i valori di omocisteina plasmatica.
L’iperomocistinemia, fattore indipendente di rischio cardiovascolare, sembra avere un ruolo nella relazione tra psoriasi e malattie cardiovascolari. È noto che valori abnormi di omocisteina plasmatica promuovono lo stress ossidativo e la conseguente disfunzione endoteliale, oltre a contribuire a uno stato pro trombotico attraverso l’aumento del fibrinogeno plasmatico. Uno studio condotto su pazienti psoriasici ha dimostrato non solo livelli maggiori di omocisteina in circolo rispetto ai controlli, ma ha anche osservato che l’iperomocistinemia correla direttamente con la severità della psoriasi. Lo stesso studio ha anche evidenziato una correlazione inversa tra valori di omocisteina plasmatica e livelli di acido folico. Gli autori hanno di conseguenza teorizzato che l’iperomocistinemia in pazienti psoriasici sia determinata da una carenza di acido folico, probabilmente determinata da un eccessivo consumo nell’aumentato turnover cutaneo. Infine, la malattia psoriasica sembra essere caratterizzata da un’iperattività piastrinica, la quale favorirebbe, insieme all’iperomocistinemia, uno stato pro-trombotico. Quest’ultimo sembrerebbe attenuarsi con la remissione clinica della psoriasi. (Vestita, 2010)
OMOCISTEINA E MALATTIE REUMATICHE AUTOIMMUNI
Elevati livelli sierici di omocisteina possono essere considerati fattore di rischio per le malattie cardiovascolari nei pazienti con artrite reumatoide (AR), così come nei pazienti con lupus eritematoso sistemico (LES). L’omocisteina può indurre un danno endoteliale ed è dimostrata un’associazione tra aumentati livelli di omocisteina e aumentato rischio di cardiopatia ischemica, ictus cerebrale e aterosclerosi carotidea. L’omocisteina ha un’azione tossica diretta sulle cellule endoteliali, aumenta l’ossidazione delle LDL e ha un effetto protrombotico. Aumentati livelli di omocisteina, sono stati dimostrati nei pazienti con AR. Il metotrexate – uno dei farmaci più utilizzati e più efficaci nel trattamento dei pazienti con AR – riduce i livelli plasmatici ed eritrocitari di folati, con conseguente aumento dei livelli di omocisteina per la riduzione dell’attività della metilen-tetraidrofolato reduttasi. A questo riguardo, durante il trattamento con metotrexate si consiglia sempre l’integrazione con acido folico, dal momento che tale pratica previene la tossicità da metotrexate e l’iperomocisteinemia. Nel LES l’iperomocisteinemia si associa con aumentata incidenza di trombosi arteriose. (Limonta M.) Fonte
OMOCISTEINA E IPOTIROIDISMO
Se non curati, i disordini della tiroide possono avere conseguenze importanti per il cuore: anche variazioni lievi dei livelli fisiologici degli ormoni tiroidei possono determinare un problema cardiaco.
Alcune patologie tiroidee, come la tiroidite di Hashimoto (una malattia autoimmune che provoca l’infiammazione della tiroide e un conseguente ipotiroidismo), sono state associate a un aumento del rischio di ipercolesterolemia, ipertensione arteriosa, aterosclerosi, malattia cardiaca e ictus. Anche la fibrillazione atriale sembra avere un’associazione stretta con la malattia tiroidea.Altre complicazioni possono essere effusione pericardica (raccolta di liquido nel sacco pericardico) ed elevati valori di omocisteina, fenomeno associato a un aumento del rischio cardiovascolare. Fonte
OMOCISTEINA E CELIACHIA
La celiachia è una grave e frequente malattia causata dall’intolleranza al Glutine. La malattia è “dovuta”  alla reazione immunitaria nell’intestino contro queste proteine con conseguente distruzione delle cellule intestinali e malassorbimento. A causa del malassorbimento, nei celiaci vi è frequentemente una carenza di: ferro, zinco, vitamine del gruppo B, vitamina K e altre sostanze. Un recente studio (Hadithi, 2009) ha confermato il frequente e reale deficit di acido folico e di vitamina B12 e l’aumento dell’omocisteina nella celiachia anche misconosciuta. Esso mostra anche che l’integrazionecon acido folico e vitamina B12 porta effettivamente alla “normalizzazione” delle concentrazioni nel sangue di questi micronutrienti nei celiaci. La celiachia costituisce un chiaro caso in cui la normale alimentazione non è in grado di assicurare normali apporti di micronutrienti, vitamine, ferro, oligoelementi etc. e in cui l’integrazione acquisisce una grande importanza clinica e terapeutica.
OMOCISTEINA E MORBO DI CROHN
La malattia di Crohn è un’infiammazione cronica che può colpire teoricamente tutto il canale alimentare, dalla bocca all’ano, ma che si localizza prevalentemente nell’ultima parte dell’intestino tenue chiamato ileo (ileite) o nel colon (colite) oppure in entrambi (ileo-colite). Nei tratti intestinali colpiti si hanno infiammazione, gonfiore e ulcerazioni che interessano a tutto spessore la parete intestinale. A causa del malassorbimento non è raro che i pazienti possano andare in contro a deficit vitaminico; in particolare un deficit di vitamine del gruppo B può portare a un aumento dei livelli di omocisteina plasmatica (Spina, 2008).
OMOCISTEINA E DEPRESSIONE
L’iperomocisteinemia può determinare un’alterazione dei neurotrasmettitori con consequenziale depressione. L’aumento dell’omocisteina plasmatica, riconosciuto marker funzionale sia per il folato sia per la vitamina B12, è stato riscontrato nei depressi e, in uno studio norvegese di grandi dimensioni, è stato associato al maggiore rischio di depressione, ma non di ansia. Nella depressione si può affermare la sostanziale evidenza di una diminuzione dei folati, della vitamina B12 e di un corrispettivo aumento dell’omocisteina plasmatica. Inoltre, in rinforzo a quanto riportato, bisogna annotare che il polimorfismo MTHFR C677T, che altera il metabolismo dell’omocisteina, è dimostrato tra i pazienti depressi.
Da notare infine che i bassi livelli di folati possono determinare una scarsa risposta agli antidepressivi e che il trattamento con acido folico è indicato per migliorare la loro azione. (Di Lascio, 2012)
OMOCISTEINA E CANCRO
Da uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine è emerso che il cancro è causato con maggiore probabilità dalla dieta e dallo stile di vita che non dal corredo genetico individuale. Quale ruolo svolge l’omocisteina in questo ambito? Il cancro è provocato da danni al DNA e la presenza di elevati livelli di omocisteina rende il DNA più vulnerabile ai danni e non facilmente riparabile una volta danneggiato. All’estremo opposto si è riscontrato che la concentrazione di omocisteina è un ottimo indicatore dell’efficacia o meno delle terapie antitumorali. L’omocisteina aumenta quando il tumore cresce e diminuisce quando regredisce. Tra le forme di cancro più associate all’alta concentrazione di omocisteina vi sono il cancro al seno, al colon e la leucemia. Riducendo il livello di omocisteina si può ridurre di un terzo il rischio di queste malattie. (Holford, 2008)
OMOCISTEINA E FARMACI
Di seguito elenchiamo i farmaci che possono far aumentare i valori plasmatici di omocisteina.

FIBRATI – È stato scoperto (Dierkes, 2004) che l’assunzione di alcuni fibrati (classe di farmaci ipolipemizzanti) può causare iperomocisteinemia. In particolare il fenofibrato e il bezafibrato aumentano dal 20 al 40% il livello di omocisteina plasmatico. Il problema sembra essere dovuto a un’alterazione del metabolismo della creatina-creatinina e in cambiamenti nel trasferimento del gruppo metile. Questo effetto non è stato invece riscontrato con l’utilizzo di gemfibrozil (un farmaco ipolipidemizzante) e le statine. L’aumento di omocisteina a seguito di assunzione di fenofibrato può essere ridotto con l’assunzione di acido folico, vitamine B6 e B12.
METFORMINA- Il trattamento a lungo termine con metformina (farmaco per il trattamento del diabete) aumenta il rischio di carenza di vitamina B12, che porta a un incremento delle concentrazioni di omocisteina. Pertanto, poiché il deficit di vitamina B12 è prevenibile, occorre prendere in considerazione, durante un trattamento a lungo termine con metformina, la regolare misurazione delle concentrazioni di vitamina B12 che va in caso supplementata.
Altri farmaci che possono portare a carenza di vitamina B12 e quindi a un rischio di aumento dei valori plasmatici di omocisteina sono:
ESOMEPRAZOLO + LANSOPRAZOLO, PANTOPRAZOLO + RABEPRAZOLO per il trattamento dell’ulcera duodenale e gastrica, esofagite da reflusso, sindrome di Zollinger-Ellison, malattia sintomatica da reflusso gastro-esofageo e ulcere associate a terapia prolungata con farmaci antinfiammatori non steroidei.
ESOMEPRAZOLO + NAPROXENE per il trattamento dei segni e dei sintomi di artrosi, artrite reumatoide e spondilite anchilosante in pazienti a rischio di sviluppare ulcere da FANS.
EVEROLIMUS per il trattamento del tumore al seno in stadio avanzato.
GLIBENCLAMIDE + METFORMINA, LINAGLIPTIN + METFORMINA, METFORMINA + PIOGLITAZONE, METFORMINA + SITAGLIPTIN e METFORMINA per il trattamento del diabete di tipo 2.
OCTREOTIDE per il sollievo dei sintomi associati a tumori endocrini gastroenteropancreatici funzionali.
OMEPRAZOLO per la terapia di patologie gastriche, quali l’ulcera e la malattia da reflusso gastroesofageo (GERD), oltre che per la prevenzione di possibili lesioni gastriche derivanti dall’assunzione di farmaci FANS.
ROPINIROLO per il trattamento del morbo di Parkinson.
Cosa devi fare se la tua omocisteina fosse troppo elevata? Ad esempio sopra i 12 µmol/L?
Intanto che esiste l’omocisteina lo devi sapere, poi devi cercare di ridurla se ce l’hai alta con una corretta alimentazione ricca di  acido folico (foglie verdi). Se non basta devi assumere acido folico, Vitamina B12, B2, B9, B6, zinco, vitamina D. Se non si abbassa ancora il valore di omocisteina, potrebbe dipendere da un difetto genetico o da un difetto di un enzina cistationina-β-sintetasi con omocistinuria.